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Come Farsi Apprezzare Dagli Altri

 

Immagina di entrare in una stanza piena di persone sconosciute. C'è quel momento in cui ti guardi intorno, cerchi un volto amico e speri che qualcuno ti accolga con un sorriso. Le voci si rincorrono, le risate rimbalzano da un angolo all'altro e l’aria sa di nuove possibilità. In mezzo a tutto quel rumore, a volte, ci si può sentire piccoli, quasi trasparenti. Eppure, basta un gesto semplice per cambiare tutto: un sorriso vero, una persona che ti guarda negli occhi e ti chiama per nome. Ecco, da lì può iniziare una connessione autentica.

Durante una delle nostre camminate nel bosco, mentre il sentiero si apriva tra gli alberi , è nato un dialogo spontaneo tra due partecipanti: “Sai qual è la prima parola del cuore?” ha chiesto Camilla, con un sorriso. “Il sorriso” ha risposto Luca. “E la seconda?” “Il nome.” In quel piccolo scambio c'era tutto Dale Carnegie.

Il libro di cui parleremo questa settimana è uno di quei classici che sembrano usciti da un'altra epoca, ma che in realtà hanno dentro una verità sempre attuale: Come trattare gli altri e farseli amici. Niente trucchi, niente formule magiche. Solo attenzione, autenticità e cura.

Carnegie ci insegna che farsi apprezzare dagli altri non dipende dal dire cose intelligenti o impressionare con grandi gesti, ma dal modo in cui ci relazioniamo. Quando ci interessiamo sinceramente a qualcuno, quando lo ascoltiamo davvero, quando ricordiamo il suo nome o lo accogliamo con un sorriso, stiamo dicendo: “Tu sei importante per me”. E questo, oggi, è un dono raro.

Mi ha colpito il racconto di un partecipante, Matteo, che ha detto: “Quando vado a una festa, non so mai cosa dire. Così ascolto. E alla fine tutti si ricordano di me come quello gentile.” Lui non lo sa, ma sta già mettendo in pratica le regole di Carnegie. Perché le persone si ricordano più facilmente di chi le ha fatte sentire bene, che di chi ha parlato di sé tutto il tempo.

Spesso pensiamo che per piacere agli altri dobbiamo mostrarci al meglio, raccontare cose interessanti, avere sempre la battuta pronta. Ma la verità è che le relazioni più forti nascono nei momenti in cui siamo davvero presenti. Quando spegniamo il bisogno di apparire e accendiamo quello di capire l’altro.

E allora, come possiamo portare tutto questo nella nostra vita quotidiana?

Prova a iniziare dal sorriso. Quello che nasce dal cuore, non quello di circostanza. Quello che dice: “Sono contento di vederti”. Poi, usa il nome delle persone. Sì, proprio il loro nome. Non c’è niente che faccia sentire più riconosciuti. E soprattutto, ascolta. Ma ascolta davvero. Non per rispondere, non per dire la tua subito dopo. Ascolta per capire. Per esserci.

La verità è che le persone non vogliono qualcuno che risolva i loro problemi. Vogliono qualcuno che li ascolti senza giudicare.

Camminando e chiacchierando nel verde, ci siamo detti che questo tipo di gentilezza può sembrare banale, ma è rivoluzionaria. In un mondo in cui tutti vogliono essere visti, chi sceglie di guardare davvero gli altri fa la differenza. E sai cosa succede, quando inizi a farlo? Le persone si avvicinano, si aprono, si fidano. Perché sentono che non devono difendersi, non devono dimostrare nulla. Possono semplicemente essere.

In fondo, essere apprezzati non è una questione di popolarità. È una questione di presenza, di cura, di umanità.

Loris Bonomi

 

Riflessione psicologica

La psicologia conferma quello che Carnegie ci suggerisce in modo intuitivo. Il bisogno di essere riconosciuti, ascoltati e accolti è uno dei più profondi che abbiamo. Quando qualcuno ci chiama per nome, ci sorride, ci ascolta con attenzione, si attivano in noi meccanismi di fiducia e sicurezza. Il cervello percepisce questi segnali come segnali di affiliazione: ci sentiamo al sicuro e più disposti ad aprirci. L’ascolto attivo, in particolare, è alla base della comunicazione empatica e autentica. In terapia, ma anche nella vita quotidiana, è uno degli strumenti più potenti per costruire relazioni sane. Allenare questo tipo di presenza relazionale significa nutrire ogni giorno la nostra capacità di connessione. Non si tratta di tecniche, ma di allenare il cuore a restare aperto.

Dottotressa Iani : www.camminandoconuncoach.it

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