Jacopo Savi: quando la leadership si vede nei
gesti (e non nei titoli)
Me lo ricordo benissimo il primo giorno in cui ho
incontrato Jacopo Savi.
Eravamo entrambi nello staff di un corso di public speaking, niente
riflettori, niente “ruoli da palco”, solo tanto da fare.
C’era da sistemare sedie, allestire il palco,
coordinarsi al volo con chi arrivava in ritardo, rimediare a imprevisti e
cercare di far sembrare tutto perfetto. In quelle situazioni non si ha tempo
per grandi chiacchiere, ma è proprio lì che capisci chi hai di fianco.
Jacopo non era lì per mettersi in mostra.
Era lì per lavorare.
Punto.
Un attimo prima sistemava i cavi dell’audio, un attimo dopo aiutava chi aveva
dimenticato il badge.
Sempre sul pezzo, sempre sorridente, sempre con lo sguardo lucido di chi sa
cosa fare e non ha bisogno di chiedere se "tocca a lui".
È stato lì che ho pensato:
"Cavoli, con uno così ci lavorerei sempre.
Anche a Natale."
Non capita spesso di trovare persone che agiscono
per il bene comune, che collaborano senza voler primeggiare, che fanno
senza bisogno di farlo notare.
E con Jacopo è stato così, fin da subito.
Una sintonia spontanea, come se ci fossimo già capiti.
In quel periodo io mi stavo laureando.
Ero in quel limbo in cui il titolo sembra tutto.
Ti senti appeso a un pezzo di carta che – credi – ti darà finalmente
un’identità, un posto, un ruolo.
Poi guardi Jacopo, che un titolo ce l’ha
eccome (è avvocato),
ma è lì in mezzo agli altri, a rimboccarsi le maniche,
senza mai usare il proprio ruolo come una bandiera.
E allora ti chiedi:
"E se la vera autorevolezza fosse proprio
questa? Quella di chi non ha bisogno di dirti chi è, perché lo capisci da come
si muove?"
Jacopo è uno che guida senza rumore.
Uno che emerge proprio perché non si mette al centro.
Ecco perché, se un giorno dovessi organizzare una
squadra vera,
una di quelle affiatate, che si aiutano nei momenti difficili,
Jacopo sarebbe il mio difensore centrale. Il mio Maldini.
Uno che non urla, ma c’è.
Che non ha bisogno di fare falli, perché ha già letto l’azione prima che
succeda.
Che tiene la linea, protegge il gruppo, costruisce gioco dal basso.
Quelli che, alla fine, tutti rispettano.
E che, proprio per questo, non hanno bisogno di titoli per farsi riconoscere.
Spesso cerchiamo esempi lontani, modelli
irraggiungibili,
supereroi da palcoscenico o guru da social.
E invece, la vera ispirazione, ce l’abbiamo accanto.
Sta in chi lavora bene, ascolta molto, e fa la differenza
senza volerlo dire in ogni frase.
Jacopo è uno di questi.
E questa sera, nelle puntate finali di stagione di Dottor Coach,
non potevo immaginare ospite migliore.
Alle 18:30 su Rete Radio Azzurra, parleremo con lui di fiducia, direzione, confini personali,
e di quella leadership silenziosa che lascia il segno.
Una puntata vera, umana, che ti arriva dritta dove serve.
Perché ci sono persone che brillano anche quando non cercano la luce.
La diretta la
trovate qui alle 18:30
https://www.cittacoupon.it/scarica-app/reteradioazzurra
Loris Bonomi
Riflessione
psicologica:
In psicologia si parla di leadership autentica
e servente, due forme di guida che mettono al centro le persone, non l’ego.
Chi ha un’identità solida non ha bisogno di difendersi, né di imporsi.
Sa collaborare, sa restare dietro le quinte, ma lascia comunque un’impronta
forte.
Questo tipo di leadership è anche uno dei
migliori antidoti alla sindrome dell’impostore:
quando smetti di cercare conferme esterne e cominci ad agire per ciò in cui
credi davvero,
le maschere cadono, e resta solo chi sei davvero.
E questo – in un mondo pieno di apparenza – è il
gesto più potente che puoi fare.
Dottoressa Iani : www.camminandoconuncoach.it
Jacopo Savi: quando la leadership si vede nei
gesti (e non nei titoli)
Me lo ricordo benissimo il primo giorno in cui ho
incontrato Jacopo Savi.
Eravamo entrambi nello staff di un corso di public speaking, niente
riflettori, niente “ruoli da palco”, solo tanto da fare.
C’era da sistemare sedie, allestire il palco,
coordinarsi al volo con chi arrivava in ritardo, rimediare a imprevisti e
cercare di far sembrare tutto perfetto. In quelle situazioni non si ha tempo
per grandi chiacchiere, ma è proprio lì che capisci chi hai di fianco.
Jacopo non era lì per mettersi in mostra.
Era lì per lavorare.
Punto.
Un attimo prima sistemava i cavi dell’audio, un attimo dopo aiutava chi aveva
dimenticato il badge.
Sempre sul pezzo, sempre sorridente, sempre con lo sguardo lucido di chi sa
cosa fare e non ha bisogno di chiedere se "tocca a lui".
È stato lì che ho pensato:
"Cavoli, con uno così ci lavorerei sempre.
Anche a Natale."
Non capita spesso di trovare persone che agiscono
per il bene comune, che collaborano senza voler primeggiare, che fanno
senza bisogno di farlo notare.
E con Jacopo è stato così, fin da subito.
Una sintonia spontanea, come se ci fossimo già capiti.
In quel periodo io mi stavo laureando.
Ero in quel limbo in cui il titolo sembra tutto.
Ti senti appeso a un pezzo di carta che – credi – ti darà finalmente
un’identità, un posto, un ruolo.
Poi guardi Jacopo, che un titolo ce l’ha
eccome (è avvocato),
ma è lì in mezzo agli altri, a rimboccarsi le maniche,
senza mai usare il proprio ruolo come una bandiera.
E allora ti chiedi:
"E se la vera autorevolezza fosse proprio
questa? Quella di chi non ha bisogno di dirti chi è, perché lo capisci da come
si muove?"
Jacopo è uno che guida senza rumore.
Uno che emerge proprio perché non si mette al centro.
Ecco perché, se un giorno dovessi organizzare una
squadra vera,
una di quelle affiatate, che si aiutano nei momenti difficili,
Jacopo sarebbe il mio difensore centrale. Il mio Maldini.
Uno che non urla, ma c’è.
Che non ha bisogno di fare falli, perché ha già letto l’azione prima che
succeda.
Che tiene la linea, protegge il gruppo, costruisce gioco dal basso.
Quelli che, alla fine, tutti rispettano.
E che, proprio per questo, non hanno bisogno di titoli per farsi riconoscere.
Spesso cerchiamo esempi lontani, modelli
irraggiungibili,
supereroi da palcoscenico o guru da social.
E invece, la vera ispirazione, ce l’abbiamo accanto.
Sta in chi lavora bene, ascolta molto, e fa la differenza
senza volerlo dire in ogni frase.
Jacopo è uno di questi.
E questa sera, nella puntata finale di stagione di Dottor Coach,
non potevo immaginare ospite migliore.
Alle 18:30 su Rete Radio Azzurra, parleremo con lui di fiducia, direzione, confini personali,
e di quella leadership silenziosa che lascia il segno.
Una puntata vera, umana, che ti arriva dritta dove serve.
Perché ci sono persone che brillano anche quando non cercano la luce.
La diretta la
trovate qui alle 18:30
https://www.cittacoupon.it/scarica-app/reteradioazzurra
Loris Bonomi
Riflessione
psicologica:
In psicologia si parla di leadership autentica
e servente, due forme di guida che mettono al centro le persone, non l’ego.
Chi ha un’identità solida non ha bisogno di difendersi, né di imporsi.
Sa collaborare, sa restare dietro le quinte, ma lascia comunque un’impronta
forte.
Questo tipo di leadership è anche uno dei
migliori antidoti alla sindrome dell’impostore:
quando smetti di cercare conferme esterne e cominci ad agire per ciò in cui
credi davvero,
le maschere cadono, e resta solo chi sei davvero.
E questo – in un mondo pieno di apparenza – è il
gesto più potente che puoi fare.
Dottoressa Iani : www.camminandoconuncoach.it