Quando torni a
casa e ti senti piccola: la storia di Francesca e il potere di scegliersi
Il sentiero era umido, coperto da un tappeto di
foglie che scricchiolavano sotto le nostre scarpe. Il profumo della terra
bagnata e degli alberi ci avvolgeva, mentre il sole faceva capolino tra i rami
come un complice silenzioso. Io e Francesca camminavamo da un po’, in quel
ritmo lento che aiuta a liberare i pensieri. Poi, all’improvviso, lei ha
abbassato lo sguardo e ha detto, quasi sottovoce: “Ogni volta che torno dai
miei… mi sento piccola.”
Non era la prima volta che parlavamo di questo.
Anzi, se devo essere onesto, quasi ogni passeggiata con Francesca finisce lì:
tra i sentieri della sua infanzia, quelli che ancora oggi la intrappolano. Lei
è una donna forte, intelligente, ironica. Ha un lavoro che si è costruita da
sola, ha amici che la stimano, ha mille interessi. Eppure, ogni volta che torna
dai suoi genitori, si ritrova intrappolata in una versione di sé che non sente
più sua. Una versione che si sente sbagliata. Inadeguata. Sempre sotto esame.
“Appena arrivo, mi guardano e mi fanno subito
qualche battuta sul mio aspetto. Poi mi chiedono del lavoro, ma solo per
criticare le mie scelte. E se provo a dire che certe cose mi feriscono, mi
accusano di essere troppo sensibile. È come se il loro amore fosse condizionato
al fatto che io sia diversa da quella che sono.”
E mentre lo dice, lo so che non sta solo
raccontando la sua storia. Sta raccontando quella di tantissimi. Di chi,
nonostante l’età adulta, non riesce a sentirsi libero nei legami più antichi.
Di chi, ogni volta che torna “a casa”, torna anche indietro. Non nel tempo, ma
nel proprio valore.
Le ho chiesto: “Ma se fosse un’amica a
raccontarti questa storia, cosa le diresti?” Lei ha sorriso, amaro. “Le direi
di proteggersi. Di non accettare più certe dinamiche. Ma quando si tratta dei
miei… mi sento in colpa anche solo a pensarlo.”
E allora abbiamo camminato ancora. E mentre i
nostri passi seguivano il ritmo del bosco, Francesca ha cominciato a fare
qualcosa di diverso. Non ha detto “i miei cambieranno”, non ha detto “voglio
farli capire”. Ha detto: “Credo che devo cominciare a scegliere me.”
Perché, mi ha detto qualche giorno fa, “il
rispetto non lo posso più elemosinare. Posso solo offrirlo, a partire da me.”
E tu che stai leggendo, forse ti sei riconosciuto
in qualcosa. Forse anche tu, in certi contesti, ti senti ancora piccolo. Forse
hai un posto, un nome, una voce che ti riporta indietro e ti fa dubitare di chi
sei diventato. Se è così, voglio dirti una cosa con il cuore: non sei
sbagliato. Non sei troppo sensibile. Non sei esagerato.
Loris Bonomi
Riflessione Psicologica:
Le relazioni familiari influenzano profondamente
la costruzione dell’identità. Quando un ambiente affettivo è costantemente
critico o svalutante, può generare schemi di autosvalutazione che si
trascinano nell’età adulta, anche in individui competenti e autonomi.
Dal punto di vista psicologico, è fondamentale riconoscere che il legame
affettivo non giustifica la perpetuazione di dinamiche lesive.
Stabilire confini, anche emotivi, non significa “allontanare” i genitori, ma ridefinire
il proprio ruolo all’interno della relazione.
In terapia, si lavora spesso per differenziare il sé adulto dal figlio
interiore ancora in attesa di approvazione, sviluppando autostima stabile e
capacità di scelta.
Scegliere relazioni che nutrono, e non che feriscono, è un atto di
responsabilità verso sé stessi, non di egoismo.
La crescita personale passa anche attraverso il diritto di essere trattati
con rispetto, anche in famiglia.
Dottoressa Iani : www.camminandoconuncoach.it